TENDINOPATIA: COSA FARE?

  • di

Ti è mai capitato di sentire dolore ai tendini? Senti dolore nella regione del gomito dopo una partita di tennis? Hai sensazione di fastidio alla spalla in alcuni movimenti? Oppure ti è capitato di avere dolore al tendine d’Achille dopo un allenamento intenso o una lunga passeggiata? Sai che questa condizione ha un nome e, soprattutto, che esistono dei rimedi efficaci? Andiamo per gradi, con questo articolo ti spiegheremo tutto quello che c’è da sapere sulla tendinopatia.

DEFINIZIONE

I tendini sono delle robuste strutture fibrose con il compito di trasmettere la forza esercitata dai muscoli alle ossa. Con il termine tendinopatia si intende una presentazione clinica caratterizzata da dolore al tendine e conseguente disfunzione motoria.  Il dolore tendineo è spesso ben localizzato, quasi puntiforme e, a  volte, può essere accompagnato da gonfiore e dolenzia alla palpazione. Solitamente il dolore compare in seguito ad una sollecitazione di carico eccessiva rispetto alla possibilità del tendine di tollerarlo, come un eccessivo carico tensile o compressivo contro una sporgenza ossea. Tipicamente nelle fasi iniziali il dolore migliora con l’attività fisica e peggiora al termine dell’attività nella fase di raffreddamento.

FATTORI DI RISCHIO

I fattori di rischio maggiori associati alla comparsa di tendinopatie sono l’età adulta, la menopausa, malattie autoimmuni o infiammatorie sistemiche, diabete, obesità. Nella valutazione è importante considerare la storia del paziente: cambiamenti nel tipo di allenamento, una ripresa dell’attività sportiva non graduale dopo un periodo di riposo, cambiamenti nelle attività quotidiane.

INDAGINI DIAGNOSTICHE

Per quanto riguarda le indagini diagnostiche, la risonanza magnetica e l’ecografia sono i metodi preferibili. Tuttavia è stato visto che c’è poca correlazione tra un’alterazione della struttura del tendine evidenziata tramite ECO o RMN  e il dolore del paziente: è necessario dunque  interpretare le immagini diagnostiche in relazione alla presentazione clinica e non basarsi solo su di esse per elaborare la diagnosi o la prognosi di un paziente.

COSA FARE?

Il riposo completo è da evitare: è stato visto che può portare a una riduzione della forza e della potenza del muscolo, a cambiamenti nelle capacità meccaniche del tendine e dell’intera catena muscolare. Sebbene in un primo momento, il riposo può fare percepire una riduzione di dolore, a lungo andare ritornando alle attività abituali, questo tenderà a peggiorare.

Le attuali evidenze scientifiche mostrano che l’approccio migliore per la gestione della tendinopatia è un programma basato sull’esercizio attivo. Un esercizio con carico adeguato ripetuto può promuovere il rimodellamento tendineo favorendo miglioramenti funzionali e strutturali a lungo termine. In altre parole impostando degli esercizi adeguati è possibile favorire una riduzione del dolore, grazie all’azione analgesica naturale degli esercizi, e riportare il tendine in salute.

Nella prima fase il paziente dovrà rimodulare le sue attività evitando quelle che provocano dolore (abitudini provocatorie, utilizzare scarpe adeguate ecc) e intraprendendo un piano di esercizi che gradualmente riesporrà il tendine al carico per recuperare la sua funzione. Attraverso la progressione di carico, si andrà a migliorare la forza, la resistenza e le capacità funzionali della muscolatura interessata e di tutta la catena motoria dell’arto coinvolto, fino ad arrivare al recupero delle attività e delle necessità specifiche di ciascuna persona.

TERAPIE DI SUPPORTO

La terapia attiva è in assoluto la più efficace, tuttavia possono essere accostate delle terapie di supporto per accelerare il recupero o aiutare il paziente.

La terapia con onde d’urto può essere considerata un buon supporto ad un programma di esercizi, soprattutto nei casi di tendinopatie calcifiche. Laser e Ultrasuoni sembrano avere buon effetto sul dolore e sul miglioramento della funzione ma solo a breve termine, così come gli antinfiammatori non steroidei.

Le infiltrazioni di cortisone invece, sebbene agiscano a livello della percezione del dolore nell’immediato, risultano avere effetti dannosi a distanza di 6-12 mesi sia per quanto riguarda il dolore che per la funzionalità del tendine (riduzione della vitalità e della proliferazione cellulare, fino a portare alla necrosi).

Infine i trattamenti passivi come ghiaccio , stretching, agopuntura, massaggi risultano avere scarsa efficacia; lo stretching inoltre potrebbe aumentare il fattore compressivo che, come abbiamo visto, potrebbe contribuire allo sviluppo della tendinopatia, mentre il massaggio potrebbe aumentare la componente dolorosa senza alcun effetto benefico a livello della funzione del tendine.

ULTIME INFO

In conclusione, nella gestione della tendinopatia numerosi fattori devono essere considerati, come la storia del paziente, le abitudini, le sue aspettative. Un programma riabilitativo basato sull’esercizio attivo risulta essere la scelta migliore. Il primo aspetto da affrontare è rendere il paziente consapevole del percorso che lo aspetta, chiarire le sue aspettative di un recupero immediato, gestire le sue ansie e paure. Il paziente deve inoltre essere consapevole che il percorso riabilitativo potrebbe non essere totalmente privo di dolore o sintomi, ma questo aspetto non deve spaventarlo.

Con la guida di un fisioterapista, il paziente potrà gradualmente tornare alle sue attività, rendendosi protagonista principale del suo recupero!

Se anche tu hai dei sintomi che ti fanno pensare alla tendinopatia, o se la condizione è stata già diagnosticata da un professionista e cerchi una terapia efficace, trovi tutte le nostre info e i contatti nella pagina dedicata. Contattaci, prenota la tua visita e in poco tempo definiremo la terapia perfetta per te!

BIBLIOGRAFIA
  • Cardoso TB, Pizzari T, Kinsella R, Hope D, Cook JL. Current trends in tendinopathy management. Best Pract Res Clin Rheumatol. 2019;33(1):122-140. doi:10.1016/j.berh.2019.02.001
  • Andarawis-Puri N, Flatow EL, Soslowsky LJ. Tendon basic science: Development, repair, regeneration, and healing. J Orthop Res. 2015;33(6):780-784. doi:10.1002/jor.22869