Nel 2018, dopo quasi 40 anni, la IASP (International Association for the Study of Pain) ha revisionato la definizione, ormai universalmente accettata ed utilizzata, di DOLORE. Lo scopo è stato quello di introdurre delle variazioni che descrivano in modo ancora più accurato l’ESPERIENZA del dolore.
La nuova definizione descrive il dolore come “esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole, associata o similmente associata, ad un danno tissutale reale o potenziale”. La differenza sostanziale con la definizione precedente è quella di sottolineare che il dolore è un’esperienza personale, influenzata a vari livelli da fattori
biologici, psicologici e sociali e che è attraverso le proprie esperienze di vita che le
persone apprendono il concetto di dolore.
Ognuno di noi vive e sperimenta il dolore in modo diverso. Il dolore infatti è
un’esperienza personale, influenzata a vari livelli da fattori biologici, psicologici e
sociali.
- Fattori biologici sono legati ad possibile danno del tessuto (come una frattura o una
ferita che crea dolore) - Fattori psicologici sono riferiti alle aspettative, alle paure, alle precedenti
esperienze della persona (magari esperienze passate di infortuni che sono si sono risolte positivamente o meno, esperienze di parenti oppure la paura di non
recuperare) - Fattori Sociali sono relativi al contesto in cui vive o lavora la persona: se è
circondato da persone che lo supportano, se vi sono pressioni lavorative, se è soddisfatto o insoddisfatto della propria situazione
CHE COSA SI INTENDE CON DOLORE CRONICO?
Il dolore cronico viene definito tale quando vi è una condizione dolorosa recidiva per un periodo superiore ai 3 mesi o persistente per più di un mese dopo la risoluzione del danno tissutale acuto.
COSA SI PUÒ FARE SE SOFFRI DI QUESTI DOLORI?
Nonostante gli ampi sforzi di ricerca, il dolore cronico rimane un problema medico e socioeconomico pervasivo che colpisce dall’ 11% al 55% della popolazione adulta e richiede un ingente intervento di assistenza sanitaria e l’utilizzo di risorse in tutto il mondo. Sono molte le linee guida circa i diversi approcci al dolore cronico e, ad oggi, le nuove evidenze dichiarano che sia l’esercizio fisico ad avere un ruolo centrale nella gestione di questi pazienti.
Negli anni per affrontare questi disturbi, che risultano essere fortemente invalidanti ed impediscono il normale svolgimento delle attività quotidiane per chi ne soffre, sono stati messi in atto diversi approcci: trattamenti manuali per individuare le cause del problema, terapie fisiche di vario genere ed importanti interventi farmacologici.
Ad oggi quello che emerge dalla letteratura scientifica è sempre più chiaro: il movimento è ciò che ha consentito di avere maggiori effetti sia sui sintomi sia sul benessere psicofisico dei pazienti.
In popolazioni sane e non dolorose un singolo periodo di esercizio aerobico o di resistenza porta tipicamente ad EIH (analgesia endogena indotta dall’esercizio) ovvero ad una diminuzione generalizzata della sensibilità al dolore, che si verifica durante l’esercizio e per un breve periodo successivo.
L’esercizio di resistenza aerobica si è dimostrato efficace nel trattamento di diversi dolori cronici come l’emicrania, la cefalea di tipo tensivo cronico e il mal di schiena cronico. L’esercizio aerobico ad un’intensità di almeno il 70% della capacità aerobica massima innesca la produzione di endorfine e attiva altri meccanismi inibitori del dolore regolati dal cervello. Solo tramite un’accurata valutazione del paziente, il dialogo con il terapista e se necessario, l’ aiuto di medici esperti, si potrà impostare un corretto programma fisioterapico personalizzato per risolvere il problema.
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BIBLIOGRAFIA
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